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domenica 8 febbraio 2015

Racconti di Nostra Produzione: Alessandra Cigalino - Love is a Mystery #1 Infinity Series


Per rileggere il Primo capitolo

CAPITOLO N. 2


Durante un soggiorno a Londra, Russell Square era una bellissima
posizione per gli spostamenti.
    Quando arrivai con il taxi, Jessica era già lì sulla porta dell’albergo.
    Mi aspettava per fare gli onori di casa (come se l’hotel fosse il suo).
Ma mia cugina era fatta così.
    Quando le annunciai il mio arrivo, Jess si mobilitò subito per
organizzare il tutto nel migliore dei modi e dovevo proprio dirlo: ci
sapeva fare!
    Non mi lasciò quasi scendere dall’auto che mi si scaraventò
addosso.
    Mi stritolò in un abbraccio sincero, urlando di gioia. «Ciao Betty,
come stai? Com’ è andato il volo? Vieni dentro presto che piove a
dirotto».
    Effettivamente, presa dalla felicità, mi stavo dimenticando di aver
portato dall’ Italia nuvole cariche di pioggia da far invidia ai monsoni
Indiani.
    Salite in camera, iniziai a disfare il bagaglio e non potei fare a meno
di raccontarle di quel ragazzo e dell’effetto che mi fece il suo sguardo.
    Allora lei, con tutta la sicurezza maliziosa, rispose: «Ti ci devi
abituare cara Beth al fascino dei londinesi, già già! Sono tutti come
angeli che fluttuano intorno a noi senza ali… Eeeh… Mica come
quegli italianucci moraccioni, scuri, che incutono quasi terrore! Qui sei
nella capitale della grazia e della raffinatezza.»
    «Ehi, cosa vuoi dire che gli italiani sono zoticoni senza finezza?
Cominciamo bene!» mi sentii subito di controbattere.
    «No, no, non intendevo affatto offendere…Uffi. Insomma hai
capito cosa volevo dire Beth. I ragazzi inglesi sono… ’diversi’ e
basta».
    Già, lei di quella diversità si era innamorata circa dodici anni prima,
tanto da sposarsi con una cerimonia in stile ‘Queen Elizabeth’, in un
castello immerso in una delle campagne londinesi più verdi che mai.
    Ricordavo ancora le foto. Che spettacolo! Sembrava davvero una
Regina appena incoronata al fianco del suo Re.
    Dopo qualche tempo, da quella meravigliosa unione nacquero due
principini favolosi.

    «Dai Beth sbrigati, ti voglio pronta entro mezz’ora! Ho in serbo una
sorpresa per te».
    «Cosa?» chiesi esausta «Volevo riposarmi un po’ a dire il vero».
    «Avrai tempo per farlo, ma non stasera», rispose con un sorriso
sempre più malizioso che incominciava ad incutermi un po’ di terrore.
    «Va bene, dammi un attimo. Faccio una doccia veloce e mi
preparo».
    «Mi raccomando, niente jeans! Sai che la gonna si può mettere
anche con gli stivali vero?» disse con una sorta di rimprovero, dato che
conosceva molto bene il mio abbigliamento prevalentemente composto
da pantaloni e dolcevita a collo alto… Il più alto possibile.
    Non amavo molto scoprirmi, non mi ero mai vista bellissima, anche
se tutti dicevano sempre il contrario.
    Soprattutto Jessica mi faceva sempre notare, anche nei suoi
messaggi quotidiani, quanto fossi fortunata ad essere alta e spesso
diceva: “Con quel metro e settantacinque potresti andare in giro
anche solo con una tunica larga che tutti morirebbero ai tuoi piedi!”.
    Ovviamente, essendo la mia autostima pari a meno di zero, misi un
bel paio di jeans con un dolcevita nero, però gli stivali li misi senza
indugio. Almeno in una cosa l’avevo ascoltata.
    «Pronta!» esclamai, mettendomi il cappotto, rigorosamente nero.
    Si girò di scatto: «Elizabeth! Ma possibile che non ti sia ancora
integrata con il tuo DNA femminile?»
    Inarcando un sopracciglio, continuò, con un lieve sorrisino ironico:
«Vabbè per stavolta passi, ma guarda che in questo mese ti starò
addosso come la polvere sui mobili!»
    «Jess, ma che paragone!» risposi.
    «Dai, dai che hai capito benissimo. Forza andiamo, si fa tardi!»
    Sorridendo mi prese sotto braccio ed accompagnandomi verso la
porta, per la prima volta da quando arrivai, sentii una grande paura
mista ad eccitazione che fermentava nel ventre. Era ora di andare.
    Dopo brevi fermate di metropolitana, arrivammo al pub che da
qualche anno lei e suo marito Charlie gestivano vicino alla City e, da
quel che mi disse in metrò, gli affari stavano andando a gonfie vele.
    Ma me ne resi conto di persona quando arrivai davanti alla porta
d’ingresso e vidi la fila di gente che attendeva il turno per entrare.